lunedì 2 marzo 2009

La guerra contro il Cancro è stata definitivamente vinta cinquant’anni fa...

Fonte: www.disinformazione.it

Vitamina B17 (Amigdalina o Laetrile)
Dottor Giuseppe Nacci, specialista in Medicina Nucleare, tratto da "Diventa medico di te stesso"

La guerra contro il Cancro è stata definitivamente vinta cinquant’anni fa, ma nessun medico oncologo-ospedaliero ve lo confesserà mai.
In realtà, la storia della “scoperta della cura del cancro” è vecchia, molto più vecchia, vecchia di almeno 150 anni, o forse più, volendo risalire fino a Ippocrate di Kos e a ciò che dicevano i medici romani già nel Secondo Secolo Dopo Cristo….
Phillip Day, nel suo libro “Cancro, se vuoi la vita prepara la verità”, Credence Publications, 2003, riprende gran parte del lavoro fatto dal grande scienziato americano Ernest Krebs, con le sue riscoperte in merito all’utilizzo della vitamina B17 nella cura del cancro.

Ciò che segue sono appunti parzialmente tratti da diversi testi fra cui il libro di Phillip Day, di cui comunque, da parte dell’autore del presente lavoro, dott. Giuseppe Nacci, non si condivide la teoria trofoblastica come noxa eziopatogenetica, preferendo invece ritenere il tumore come una “semplice conseguenza di carenze vitaminiche protratte nel tempo con successiva impossibilità da parte delle cellule vecchie di andare incontro alla normale apoptosi per carenza estrema di vitamine adatte al normale funzionamento apoptotico insito nel sistema del DNA”.

In questa luce, la vitamina B17 è una vitamina naturale di “seconda linea” che interviene quando le vitamine naturali (vedi capitolo 5: “vitamine NATURALI che fanno suicidare i tumori”) risultano essere insufficienti a tenere sotto controllo il turn-over cellulare, e cloni di cellule maligne hanno iniziato a formarsi nell’organismo, eludendo, almeno in parte, le difese immunitarie normalmente preposte, in primis nei linfonodi prossimali al tumore, come i linfociti Natural Killer (vedi Quinta Dichiarazione d’Intesa).
La storia “moderna” della vitamina B17 iniziò nel 1830, quando due scienziati francesi, Roubiquet e Bontron-Chariand, purificarono per la prima volta una strana vitamina, a cui fu dato il nome di Amigdalina o vitamina B17.

Sette anni dopo, due scienziati tedeschi, Von Liebig e Woehier, scoprirono che questa strana vitamina, normalmente contenuta in tutti i semi della frutta (ad eccezione degli agrumi) poteva essere scomposta da uno specifico enzima, e soltanto da esso, in ioni-Cianuro, Benzaldeide e Glucosio.
Il passaggio all’uomo, per terapie medico-oncologiche, seguì di pari passo, essendo anche nota nella Medicina Classica Occidentale l’utilizzo dei semi amari della frutta per la cura di una strana malattia metabolica, a quel tempo molto rara, chiamata “cancro”, ma che era conosciuta fin dall’antichità: ad esempio, nel Secondo Secolo Dopo Cristo i medici romani si erano accorti che il cancro era frequente nella popolazione povera di Roma e non di coloro che vivevano nelle campagne, ed avevano messo in relazione questa strana malattia con un’alimentazione troppo proteica e amidacea (legumi iperproteici come le lenticchie e pane povero di cattiva qualità).

Già allora era anche nota a tutti i medici romani la famosa affermazione di Ippocrate di Kos, fondatore della Medicina Classica Occidentale, in merito alle cure del cancro: “…il cancro non si cura con il ferro del chirurgo, ma con la dieta vegetariana e le erbe mediche…
Così come era anche ben nota un’altra grande massima del grande medico greco: “… fa che la medicina sia il tuo cibo, e che il cibo sia la tua medicina…”
(Nota dell’autore del presente lavoro, dott. Giuseppe Nacci: personalmente si ritiene che se il paziente tumorale è in grave pericolo di vita immediata, l’intervento chirurgico debba sempre essere eseguito; sicuramente, ai tempi di Ippocrate la chirurgia non era paragonabile a quella attuale).

Così, quindici anni dopo le prime esperienze scientifiche francesi, nel 1845, la rivista medico-scientifica francese “Gazette Medicale de Paris”, (1845, No. 13, pp.: 577-582) (VEDI ALLEGATO: “Gazette Medicale de Paris”) e, successivamente, anche quella tedesca “Journal Chirurgie und Augenheilkunde”(1846, No. 35, pp.: 7-28), (VEDI ALLEGATO : Dr. TH. INOSMETZEFF) descrissero il primo caso di terapia metabolica con vitamina B17 per la “cura del cancro”, ad opera del medico russo Inosmetzeff, professore presso l’Università Imperiale di Tutte le Russie di Mosca: la terapia era stata eseguita su un ventenne tumorale, e la terapia era consistita in 46 grammi di Amigdalina somministrata per 3 mesi; il grande medico russo aveva curato anche una donna di 48 anni, con estese metastasi da cancro ovarico, e questa donna, nel 1845, risultava essere ancora viva dopo ben 11 anni dalla terapia metabolica con Amigdalina: in entrambi i casi, il dott. Inosmetzeff affermò di non aver notato mai effetti collaterali da parte della vitamina scoperta dai francesi nel 1830 e meglio caratterizzata dai tedeschi nel 1837.

Ma fu soltanto più di un secolo dopo, nel 1950, che uno scrupoloso ricercatore americano, Ernest Krebs, iniziò a curare di nuovo il cancro con questa strana vitamina, che, dopo averla fatta bollire, evaporare in alcool, e quindi decantare in piccoli cristalli bianchi, ribattezzò “Laetrile”.
La parola “Laetrile” è un acronimo della parola “LAEvomandeloniTRILE-glucoside. Essa è quasi equivalente all’Amigdalina naturalmente contenuta nei semini amari della frutta, con l’unica differenza di una molecola in meno di glucosio. Infatti la sua struttura chimica è: D-1 mandelonitrile-beta-glucuronide, mentre l’Amigdalina è D-mandelonitrile-bi-glucoside.

Esistono almeno una dozzina di altri glucosidi cianogenetici (nitrosilidi) simili all’Amigdalina, contenuti in ortaggi, frutta (compresi i limoni), cassava, legumi e cereali (Oke: “the role of hydrocyanic acid in nutrition”, in “World Review of Nutrition and Dietetics”, Vol. II, Bourne G.H., ed. Basel : S.Karger, 1969, pp.: 170-198; Krebs E.: “The Nitrilosides in Plants and Animals”, New Rochelle : Arlington House, 1974, pp.: 145-164). (VEDI ALLEGATO: The Nitrilosides in Plants and Animals).

Nota: al capitolo 5 (“Piante che fanno suicidare il cancro”) sono riportate diverse di queste piante ricche di vitamina B17, accanto anche alla menzione di un altro centinaio di vitamine con funzioni simili (induzione di morte in cellule tumorali, senza danno alle cellule sane), anche se con meccanismo diverso (attivazione delle endonucleasi e apoptosi della cellula tumorale stessa per frammentazione del suo stesso DNA).

La vitamina B 17 è una molecola stabile, chimicamente inerte e non nociva se assunta nelle giuste quantità appropriate e sotto controllo medico. Il dosaggio iniziale raccomandato nell’adulto è di 4-5 semini amari al giorno se semini amari di albicocca (quantità maggiori o minori se di altro frutto) per la prima settimana, salendo o meno di dosaggio nella settimane successive, a discrezione del medico, fino a raggiungere valori che devono essere accuratamente calcolati in funzione dell’emi-vita biologica della vitamina B17, delle analisi urinarie (presenza di Tiocianato di sodio e di acido ippurico in quantità tale da far presumere un superamento della soglia-limite ritenuta compatibile per la terapia in atto), della massa ematica e corporea del paziente, della buona o cattiva funzionalità epatica, renale e di altri organi, della possibile colliquazione massiccia della massa tumorale con possibile exitus per blocco renale irreversibile, etc….

La farmaco-cinetica della vitamina B17 è complessa e di essa bisogna tenerne conto. In letteratura medica e/o fitoterapica sono stati riportati episodi di avvelenamento mortale in bambini dopo ingestione di cibo particolarmente ricco di vitamina B17, come bacche di piante particolari, in genere non abitualmente consumate nelle tradizioni alimentari delle varie culture del mondo (ma estremamente interessanti quindi per la cura del cancro), oppure mandorle amare, notoriamente molto più ricche di vitamina B17 dei semini amari di albicocca.
Il decesso nei bambini è più facile a causa della più elevata concentrazione di vitamina B17 che si ha nei soggetti di piccola corporatura come il bambino rispetto all’adulto, della più piccola massa del fegato, organo elettivo per la detossificazione ematica da vitamina B17, e forse da una minor capacità funzionale degli enzimi epatici.

Personalmente si è provato ad ingerire quantità sempre più crescenti di semini amari triturati di albicocca, di ciliegia, uva, anguria, melone, etc… riscontrando in una sola occasione un po’ di nausea e cefalea: la causa di tale episodio fu, in base a studio retrospettivo della quantità di vitamina B17 ingerita da chi scrive, nel non aver rispettato la curva farmaco–cinetica stimata per un emi-dimezzamento biologico di 80 minuti, curva facilmente ricavabile da testi vari.
Sempre dietro valutazione medica, si deve interrompere il trattamento di tanto in tanto; i semini devono essere ben masticati o precedentemente triturati; la terapia dev’essere immediatamente sospesa in caso di nausea; i semini non devono mai essere assunti tutti assieme, ma distribuiti nell’arco dell’intera giornata; è utile assumerli a stomaco pieno, allo scopo di evitare l’idrolisi parziale della vitamina a opera dell’acido cloridrico. In merito ai semini amari di albicocca, è vietato assumerne più di sei semini nello spazio di tempo di un’ora, pur in condizioni di salute ottimale; per i semini di pesca, il dosaggio orario non deve essere superiore al mezzo semino…

L’avvelenamento da vitamina B17 non è l’unico possibile; anche altre vitamine naturali, assunte in quantità eccessiva, possono condurre a morte: ad esempio, in testi di medicina è ancora riportato l’episodio avvenuto ai primi anni del XX secolo, quando esploratori artici morirono di intossicazione da vitamina A dopo aver mangiato grandi quantità di fegato di orso polare, abbattuto mesi prima per ragioni di sostentamento alimentare.
L’unica vitamina che sembrerebbe esente da pericoli di intossicazione sarebbe la vitamina C, la cui quantità può anche superare i cinquanta grammi giornalieri.

Ritornando alla vitamina B17, Krebs scoprì che il composto reagisce all’enzima Beta-glucosidasi: quest’ultimo è caratteristico di molti tumori, ed è praticamente assente nelle cellule sane; in tale reazione, l’enzima scinde l’innocua vitamina B17 in due potenti veleni: ioni-Cianuro e Benzaldeide, quest’ultimo un potente analgesico (anti-dolorifico).
Queste due sostanze, prodotte in piccole quantità dalle stesse cellule tumorali, si combinano allora fra loro all’interno stesso delle cellule tumorali, producendo una sostanza estremamente tossica che uccide la cellula stessa in una sorta di pseudo-apoptosi.
Piccole quantità di questo veleno possono risultare quindi ancora attive, dopo la morte della cellula tumorale, e passare in circolo, essendo il tumore, generalmente, ben vascolarizzato in periferia.

Viceversa, le cellule sane contengono un altro enzima, la Rodanese , il quale è presente nelle cellule in quantità inversamente proporzionale alla Beta-glucosidasi; se la B 17 entra in contatto con le cellule sane, la Rodanese neutralizza gli ioni-Cianuro e ossida la Benzaldeide. I due prodotti di derivazione così ottenuti, il Tiocianato e l’acido benzoico, sono invece addirittura benefici per il nutrimento delle cellule sane; l’eventuale eccesso di tali prodotti secondari viene eliminato per via urinaria.
Diventa pertanto chiaro che l’enzima Beta-glucosidasi produce ioni-Cianuro dai cibi nitrilosidi; si noti che gli ioni-Cianuro devono essere liberati dall’involucro della vitamina B17 o dal suo derivato Laetrile. Gli ioni-Cianuro non sono presenti liberamente nel cibo; vengono prodotti solo all’interno della cellula tumorale stessa perché solo al suo interno esiste l’enzima specifico (Beta-glucosidasi).

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