Anno 2008
www.sbilanciamoci.info
NEL 2008 SI È PERSO QUASI IL 6% DEL RISPARMIO PREVIDENZIALE AFFIDATO AI FONDI, MENTRE IL TFR LASCIATO IN AZIENDA SI RIVALUTAVA DEL 3,1%.
TRABALLA IL SECONDO PILASTRO DELLA VECCHIAIA, E CON ESSO TUTTO IL SISTEMA COSTRUITO NEGLI ANNI IN CUI LA FINANZIARIZZAZIONE DELL'ECONOMIA E’ STATA ESTESA AL WELFARE.
Come era inevitabile, la profonda crisi finanziaria in atto in tutto il mondo sta manifestando i suoi effetti distruttivi di risparmio anche sui bilanci dei fondi pensione privati.
In Italia, oramai da diversi mesi, i dati progressivamente resi noti dai fondi, dalle associazioni di categoria e dalla Covip segnalano che il confronto tra i rendimenti offerti dalla previdenza complementare e quelli maturati dal Tfr lasciato in azienda volge a favore di questi ultimi.
Nel corso del 2008, la media ponderata dei rendimenti maturati da tutti i comparti operanti nell’insieme dei fondi negoziali (gestiti da rappresentanti delle imprese e dei lavoratori) è stata negativa; è stato annullato il 5,9% del risparmio previdenziale ad essi affidato.
I risultati dei fondi aperti (gestiti da istituti finanziari), che si affidano maggiormente agli investimenti azionari e comunque più rischiosi, registrano una perdita superiore, pari all’8,6%.
Il Tfr lasciato nelle aziende si è invece rivalutato del 3,1% (2,7% al netto del prelievo fiscale).
Se dai dati medi si passa a quelli dei singoli comparti di ciascun fondo, mentre i più prudenti registrano risultati positivi (ma solo quelli garantiti e non tutti), le linee che includono investimenti azionari hanno raggiunto perdite massime del 28% tra i fondi negoziali e del 39% tra i fondi aperti.
A fronte di questi dati, diversi commentatori e operatori del settore della previdenza complementare si soffermano sulla considerazione che, nonostante i terribili andamenti dei mercati finanziari, l’adesione ai fondi pensione risulta ancora conveniente perché consente ai lavoratori di acquisire i contributi aziendali e i vantaggi fiscali che invece non avrebbero lasciando il Tfr in azienda.
In effetti, l’aggiunta dei benefici aziendali e fiscali alla contribuzione dei lavoratori in alcuni casi ha aumentato il rendimento dei fondi fino a valori superiori a quello del Tfr.
Ma questo risultato si è verificato solo nei comparti e nei periodi meno penalizzati dalla crisi finanziaria, ed è peraltro favorito nei casi di lavoratori con retribuzioni più elevate in quanto beneficiano di contribuzioni aziendali maggiori in valore assoluto e di sgravi fiscali più che proporzionali (essendo parzialmente commisurati all’aliquota fiscale marginale).
Nel dibattito sono emerse anche proposte per intervenire a favore degli iscritti ai fondi che vanno in pensione in questo periodo, penalizzati dunque dalle perdite finanziarie subite negli ultimi mesi; si tratta di preoccupazioni per certi aspetti comprensibili, tanto più che finora gli interventi pubblici hanno fronteggiato essenzialmente le voragini di bilancio degli istituti finanziari - che pure hanno molta responsabilità nella crisi in corso - mentre hanno dedicato molte meno attenzioni concrete ai danni subiti dai lavoratori e dai pensionati.
Sia la sottolineatura dei benefici derivanti dalla contribuzione aziendale e dagli sgravi fiscali sia la richiesta di garanzie pubbliche contro le perdite sui mercati finanziari, oltre a suscitare questioni di merito, rischiano di distogliere l’attenzione da importanti aspetti la cui considerazione è invece necessaria per una corretta impostazione della politica previdenziale.
Le performances dei fondi pensione nel 2008 prima richiamate sono molto preoccupanti.
Giustamente si sostiene che, considerata la particolare gravità della crisi che stiamo attraversando, sarebbe fuorviante basarsi solo su quei dati per derivarne valutazioni complessive sul ruolo dei fondi pensioni.
Tuttavia, proprio la profondità e la natura della crisi in atto - che non riguarda solo la sfera finanziaria dell’economia ma anche quella reale, che segnala evidenti carenze in impostazioni analitiche e politiche negli ultimi decenni - impone ripensamenti complessivi in materia economica e sociale e, più specificamente, delle scelte in campo previdenziale.
Per il sistema pensionistico, le vicende finanziare con le quali la crisi si è finora più visivamente manifestata sono rilevanti non solo per gli effetti sui bilanci dei fondi pensione di cui si è visto, ma ancor più perché indicano la necessità di un riesame delle modalità applicative dell’approccio multi pilastro, ovvero dei ruoli che più opportunamente dovrebbero essere affidati ai sistemi pubblici a ripartizione e a quelli privati a capitalizzazione, distinguendo nei secondi tra i fondi negoziali e quelli gestiti direttamente da istituti finanziari.
Per certi aspetti niente affatto secondari, la crisi in atto conferma meccanismi e precetti che non avevano bisogno di ulteriori verifiche. Felice Roberto Pizzuti - www.sbilanciamoci.info - (da: vincenzotripodi@)
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